Il testo della predicazione di questa domenica, cara Comunità, si trova negli Atti degli Apostoli. Questo libro del Nuovo Testamento narra di come, dopo l’Ascensione di Gesù, nascesse la prima comunità, a Gerusalemme, e di come il messaggio cristiano si diffondesse a partire da lì. Gli Atti narrano storie stupefacenti di come le persone si convertissero alla fede cristiana; persone da cui non ce lo si sarebbe aspettato che lo facessero: un governatore romano; un sorvegliante di prigione; perfino un alto funzionario etiope, venuto a Gerusalemme per adorarvi il Dio ebraico. Essi e molti altri si lasciarono convincere da ciò che riferirono loro i primi testimoni della fede.
Possiamo dedurre da questi racconti che il cristianesimo vive del fatto che le persone aprano il loro cuore a Dio e a Gesù Cristo. Vive del fatto che la fede diventi fondamento della loro vita, infondendogli forza e fiducia. Persone che, come dice il versetto settimanale, non chiudono il loro cuore quando odono la voce di Dio. La Chiesa cristiana, la nostra comunità vivono del fatto che le persone vengano guadagnate alla fede. E la fede ha bisogno di persone, ha bisogno di noi che rendiamo testimonianza del messaggio liberante, che rende lieti del Vangelo. Gli Atti narrano di inizi, di nuove partenze. Narrano di persone la cui vita riceve senso nuovo dal volgersi alla fede. E narrano che i testimoni del messaggio cristiano non si fecero scoraggiare né da sconfitte né da resistenze. Questi racconti infondono speranza e coraggio nuovo, anche e proprio in tempi difficili. Se ci preoccupiamo del fatto che le Chiese si svuotino e che la fede non dia più alle persone orientamento nella vita, allora possiamo ascoltare questo messaggio che ci viene dagli Atti: non fatevi scoraggiare, siate fiduciosi e pieni di gioia; rendete testimonianza del fatto che la fede cristiana arricchisce la vita, la ricolma, la rende luminosa e sana.
Nella diffusione della testimonianza di Gesù Cristo, narrata dagli Atti, Paolo ha un ruolo importante. E così anche nel nostro testo di predicazione. Paolo è infaticabile nel viaggiare; reca il messaggio cristiano in Grecia e in Asia Minore. Fonda comunità in molti luoghi, cui scrive poi le sue lettere. Alla fine della sua opera, Paolo viene anche a Roma. La tradizione riguardo alla sua opera qui costituisce, pertanto, una parte essenziale degli Atti. La morte di Paolo, qui, non viene narrata. Secondo la tradizione cristiana, sarebbe avvenuta qui a Roma, così come quella di Pietro. Perciò, sotto l’altar maggiore della basilica di S. Paolo Fuori le Mura, c’è la tomba di Paolo. Ma che Paolo sia venuto a Roma e perché lo veniamo a sapere dagli Atti.
Nel testo per la predicazione di oggi, però, non si parla di Paolo a Roma quanto invece di un episodio precedente, riguardante la sua attività. Paolo, con Silas e Timoteo, suoi compagni di viaggio, si trova nella Troade, cioè nel territorio in cui si trova la famosa città di Troia. È lì che avvengono i fatti riferiti dal nostro testo:
9 Paolo ebbe durante la notte una visione: un Macedone gli stava davanti e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». 10 Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare loro il vangelo.
11 Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; 12 di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni.
13 Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e, sedutici, parlavamo alle donne là riunite. 14 Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. 15 Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, entrate in casa mia e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.
Questo testo, cara Comunità, è degno di nota sotto molteplici aspetti. Anzitutto, è degno di nota perché Paolo si sente chiamato a recarsi dalla Troade in Macedonia, territorio nel Nord della Grecia. Ha una visione notturna riguardante la via che lo condurrà alla meta dal luogo in cui si trova. Non c’è dubbio che il messaggio sia inequivocabile: il Macedone che vede nell’apparizione notturna gli comunica un incarico da parte di Dio. Perciò Paolo e i suoi accompagnatori, la mattina seguente, si mettono subito in cammino. Una faccenda chiara, invidiabilmente inequivocabile.
Talvolta, Dio ci mostra la via che dobbiamo fare in modo indubitabile. È questo il caso. Paolo era sicuro del fatto suo; davanti agli occhi vedeva esattamente dove lo avrebbe condotto il viaggio. Non è sempre così. Talvolta, ci troviamo davanti a decisioni difficili, che non sono tanto chiare e che ci procurano mal di testa e di stomaco. Allora, vorremmo che le cose fossero chiare come lo sono in questo racconto. Il fatto che Dio ci mostri quale decisione è quella giusta. Come devo comportarmi in un conflitto che grava su me e su altri? Quale direzione prenderà la mia vita, se cambio residenza o lavoro o se, dopo gli studi universitari, devo decidere che cosa fare in futuro? Come mi rapporto alle perdite di persone care, di amici, di persone note intorno a me, che mi hanno dato sicurezza?
Di siffatte domande ci siamo già occupati tutti noi e non sempre la risposta è così chiara come nella visione notturna di Paolo. Era sicuro che Dio lo avesse incaricato di annunciare il Vangelo dove l’uomo del sogno lo aveva pregato di recarsi. Tale certezza sul fatto che il passo successivo dovesse essere proprio quello e non un altro, piacerebbe averla a noi, anche in situazione in cui è molto meno chiaro quale decisione prendere. L’inizio del testo indica che è importante ascoltare bene verso dove Dio vuole guidare i nostri passi. Non chiudere il cuore, quando ascoltiamo la voce di Dio, come dice il versetto settimanale. Paolo l’ha fatto, quando il Macedone gli apparve in sogno. Ascoltare la voce di Dio, che ci dice in quale direzione andare nel nostro cammino esistenziale, è un consiglio buono e utile, che possiamo trarre dal nostro testo. Ascoltare con calma quando e in quale modo Dio ci parla; quali indicazioni e aiuti ha in serbo per i prossimi passi del nostro cammino: questo è ricco di benedizioni per la nostra vita.
Il viaggio che Paolo e i suoi accompagnatori intraprendono il giorno seguente li conduce dritti alla colonia romana di Filippi. La città è descritta nei particolari, negli Atti, e questo rende chiaro che Paolo, ebreo come i suoi accompagnatori, arriva in una città per lui straniera. Nella colonia romana di Filippi abitavano Romani, Macedoni autoctoni e altri di diversa origine. La fede ebraica, che per Paolo era di regola ciò cui riallacciarsi, arrivando in una città per lui straniera, Filippi, non aveva un grande ruolo. Paolo, con il suo messaggio di Dio e Gesù Cristo, mette dunque piede in una terra nuova. Il testo racconta che c’era solo un luogo di preghiera, fuori della porta della città, a cielo aperto; non c’era dunque una sinagoga in cui potessero andare. Paolo e i suoi compagni vanno al luogo di preghiera, perché possono contare sul fatto di incontrarvi gente pronta ad ascoltarli. Persone che aprono i cuori e non li chiudono. E Paolo incontra delle donne, che si erano lì riunite. Evidentemente, non è una comunità ebraica, cui devono appartenere almeno dieci uomini. Di essi non si parla. Sono solo donne ebree, quelle che si riuniscono fuori della città, per pregare Dio.
In tale contesto, guardiamo a una donna molto speciale. Si chiama Lidia. Non è ebrea, ma è originaria della città di Tiatiri, nell’antica Lidia, territorio interno dell’Asia Minore, attuale Turchia. È evidentemente agiata, come indica il fatto che la sua professione sia quella di mercante di porpora. Forse era una donna conosciuta e influente, a Filippi, come sembrano suggerire la sua professione e anche il fatto che venga messa in rilievo.
Questa Lidia, mercante di porpora di Filippi, è una donna stupefacente. È una che “temeva Dio”, come viene definita. Vuol dire che non è ebrea, ma, ciò nonostante, partecipa alle riunioni di preghiera delle donne ebree. È alla ricerca di ciò che può dare pienezza alla sua vita e orientamento nelle questioni che la occupano. Il Dio che professano le donne ebree la attira. E si lascia perfino coinvolgere dalla predicazione dei missionari stranieri. Si fa battezzare e invita gli stranieri a casa sua. Diventa l’ospite dei missionari cristiani. Più in là, nella sua casa si riunisce addirittura la comunità cristiana di Filippi. Negli Atti questo viene registrato; ma non ci sono ulteriori testimonianze su di lei. Lidia fa parte delle persone che, per mezzo della fede cristiana, hanno potuto mettere piede in luoghi nuovi. È la prima testimone del messaggio cristiano in terra europea.
Lidia si fa trascinare dalla predicazione di Paolo. Dio le aveva aperto il cuore al messaggio cristiano: così dice il nostro testo. Ma questo vuol dire anche che Lidia non si chiude alla Parola di Dio. Si immette su una via nuova; confida che la fede, annunciata da Paolo, rinnovi la sua vita. Fa ciò cui ci invita la Lettera agli Ebrei: non chiudete i vostri cuori, quando ascoltate la voce di Dio.
Lidia, la prima cristiana di Filippi e d’Europa, diventa anche la prima ospite di Paolo e dei suoi accompagnatori. Apre la sua casa agli uomini venuti da terra straniera. Ciò è stupefacente tanto quanto il fatto che gli uomini ebrei vadano in casa di una donna non ebrea. Il Vangelo, e questo racconto rende tale aspetto ben chiaro, supera i confini e lo fa in modo rapido e spettacolare. Ciò che, in precedenza, aveva diviso: essere ebrei e non-ebrei, donne e uomini, persone di differenti ceti sociali, confluisce nella comunione dei credenti. Nell’antichità, era molto insolito che ciò accadesse, poiché tali ambiti erano rigidamente divisi gli uni dagli altri. Gli ebri non vivevano insieme con i non-ebrei; gli uomini e le donne avevano ruoli sociali chiaramente distinti e così pure era per i liberi e gli schiavi. La fede cristiana, invece, ha creato comunioni aperte a tutte queste persone. Ciò, già allora, era insolito e ha creato di continuo difficoltà alla Chiesa. Lo sappiamo, forse, nel modo migliore per le molte discussioni su quali ministeri e funzioni le donne possano ricoprire nella Chiesa. Nella Chiesa cattolica romana, se ne discute intensamente proprio in questo periodo. L’assemblea generale dei sinodi episcopali, tenutasi qui a Roma nell‘ottobre dell’anno scorso, lo rende chiaro. Il documento finale dell’assemblea stabilisce quanto segue: “Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo.” Il fatto che l’attuazione resti indietro è evidente. Ma anche nella Chiesa evangelica è stato lungo il processo per arrivare a far sì che le donne potessero ricoprire ruoli di guida al pari degli uomini. Siamo tutti chiamati a rendere concreto e visibile il superamento dei confini, fondato sul Vangelo.
Lidia è una testimone importante. Fa parte delle donne che, all’inizio del cristianesimo, hanno avuto un ruolo importante. Spesso, queste donne vengono nominate nel Nuovo Testamento come accompagnatrici di Gesù, apostole o donne che hanno ruoli di responsabilità nelle comunità. Le donne furono, fin dall’inizio, irrinunciabili per le comunità cristiane. La nostra comunità, la comunità evangelica luterana qui a Roma, ne è un esempio eccellente. Basta solo che guardiamo alle tante funzioni, al grande sostegno, all’impegno infaticabile che le donne prestano qui nella comunità. La storia di Lidia, narrata dal nostro testo, perciò non per ultimo è un’occasione benvenuta per ricordarcene e per ringraziare per questo.
Lidia fu una delle prime donne note delle prime comunità cristiane. Aprendosi al messaggio del Vangelo; aprendo la sua casa a Paolo e ai suoi compagni, è diventata esempio di come le persone pervengano alla fede cristiana. Ciò la rende, anche oggi, testimone importante della nascita del cristianesimo.
Amen.Il testo della predicazione di questa domenica, cara Comunità, si trova negli Atti degli Apostoli. Questo libro del Nuovo Testamento narra di come, dopo l’Ascensione di Gesù, nascesse la prima comunità, a Gerusalemme, e di come il messaggio cristiano si diffondesse a partire da lì. Gli Atti narrano storie stupefacenti di come le persone si convertissero alla fede cristiana; persone da cui non ce lo si sarebbe aspettato che lo facessero: un governatore romano; un sorvegliante di prigione; perfino un alto funzionario etiope, venuto a Gerusalemme per adorarvi il Dio ebraico. Essi e molti altri si lasciarono convincere da ciò che riferirono loro i primi testimoni della fede.
Possiamo dedurre da questi racconti che il cristianesimo vive del fatto che le persone aprano il loro cuore a Dio e a Gesù Cristo. Vive del fatto che la fede diventi fondamento della loro vita, infondendogli forza e fiducia. Persone che, come dice il versetto settimanale, non chiudono il loro cuore quando odono la voce di Dio. La Chiesa cristiana, la nostra comunità vivono del fatto che le persone vengano guadagnate alla fede. E la fede ha bisogno di persone, ha bisogno di noi che rendiamo testimonianza del messaggio liberante, che rende lieti del Vangelo. Gli Atti narrano di inizi, di nuove partenze. Narrano di persone la cui vita riceve senso nuovo dal volgersi alla fede. E narrano che i testimoni del messaggio cristiano non si fecero scoraggiare né da sconfitte né da resistenze. Questi racconti infondono speranza e coraggio nuovo, anche e proprio in tempi difficili. Se ci preoccupiamo del fatto che le Chiese si svuotino e che la fede non dia più alle persone orientamento nella vita, allora possiamo ascoltare questo messaggio che ci viene dagli Atti: non fatevi scoraggiare, siate fiduciosi e pieni di gioia; rendete testimonianza del fatto che la fede cristiana arricchisce la vita, la ricolma, la rende luminosa e sana.
Nella diffusione della testimonianza di Gesù Cristo, narrata dagli Atti, Paolo ha un ruolo importante. E così anche nel nostro testo di predicazione. Paolo è infaticabile nel viaggiare; reca il messaggio cristiano in Grecia e in Asia Minore. Fonda comunità in molti luoghi, cui scrive poi le sue lettere. Alla fine della sua opera, Paolo viene anche a Roma. La tradizione riguardo alla sua opera qui costituisce, pertanto, una parte essenziale degli Atti. La morte di Paolo, qui, non viene narrata. Secondo la tradizione cristiana, sarebbe avvenuta qui a Roma, così come quella di Pietro. Perciò, sotto l’altar maggiore della basilica di S. Paolo Fuori le Mura, c’è la tomba di Paolo. Ma che Paolo sia venuto a Roma e perché lo veniamo a sapere dagli Atti.
Nel testo per la predicazione di oggi, però, non si parla di Paolo a Roma quanto invece di un episodio precedente, riguardante la sua attività. Paolo, con Silas e Timoteo, suoi compagni di viaggio, si trova nella Troade, cioè nel territorio in cui si trova la famosa città di Troia. È lì che avvengono i fatti riferiti dal nostro testo:
9 Paolo ebbe durante la notte una visione: un Macedone gli stava davanti e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». 10 Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare loro il vangelo.
11 Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; 12 di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni.
13 Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e, sedutici, parlavamo alle donne là riunite. 14 Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. 15 Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, entrate in casa mia e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.
Questo testo, cara Comunità, è degno di nota sotto molteplici aspetti. Anzitutto, è degno di nota perché Paolo si sente chiamato a recarsi dalla Troade in Macedonia, territorio nel Nord della Grecia. Ha una visione notturna riguardante la via che lo condurrà alla meta dal luogo in cui si trova. Non c’è dubbio che il messaggio sia inequivocabile: il Macedone che vede nell’apparizione notturna gli comunica un incarico da parte di Dio. Perciò Paolo e i suoi accompagnatori, la mattina seguente, si mettono subito in cammino. Una faccenda chiara, invidiabilmente inequivocabile.
Talvolta, Dio ci mostra la via che dobbiamo fare in modo indubitabile. È questo il caso. Paolo era sicuro del fatto suo; davanti agli occhi vedeva esattamente dove lo avrebbe condotto il viaggio. Non è sempre così. Talvolta, ci troviamo davanti a decisioni difficili, che non sono tanto chiare e che ci procurano mal di testa e di stomaco. Allora, vorremmo che le cose fossero chiare come lo sono in questo racconto. Il fatto che Dio ci mostri quale decisione è quella giusta. Come devo comportarmi in un conflitto che grava su me e su altri? Quale direzione prenderà la mia vita, se cambio residenza o lavoro o se, dopo gli studi universitari, devo decidere che cosa fare in futuro? Come mi rapporto alle perdite di persone care, di amici, di persone note intorno a me, che mi hanno dato sicurezza?
Di siffatte domande ci siamo già occupati tutti noi e non sempre la risposta è così chiara come nella visione notturna di Paolo. Era sicuro che Dio lo avesse incaricato di annunciare il Vangelo dove l’uomo del sogno lo aveva pregato di recarsi. Tale certezza sul fatto che il passo successivo dovesse essere proprio quello e non un altro, piacerebbe averla a noi, anche in situazione in cui è molto meno chiaro quale decisione prendere. L’inizio del testo indica che è importante ascoltare bene verso dove Dio vuole guidare i nostri passi. Non chiudere il cuore, quando ascoltiamo la voce di Dio, come dice il versetto settimanale. Paolo l’ha fatto, quando il Macedone gli apparve in sogno. Ascoltare la voce di Dio, che ci dice in quale direzione andare nel nostro cammino esistenziale, è un consiglio buono e utile, che possiamo trarre dal nostro testo. Ascoltare con calma quando e in quale modo Dio ci parla; quali indicazioni e aiuti ha in serbo per i prossimi passi del nostro cammino: questo è ricco di benedizioni per la nostra vita.
Il viaggio che Paolo e i suoi accompagnatori intraprendono il giorno seguente li conduce dritti alla colonia romana di Filippi. La città è descritta nei particolari, negli Atti, e questo rende chiaro che Paolo, ebreo come i suoi accompagnatori, arriva in una città per lui straniera. Nella colonia romana di Filippi abitavano Romani, Macedoni autoctoni e altri di diversa origine. La fede ebraica, che per Paolo era di regola ciò cui riallacciarsi, arrivando in una città per lui straniera, Filippi, non aveva un grande ruolo. Paolo, con il suo messaggio di Dio e Gesù Cristo, mette dunque piede in una terra nuova. Il testo racconta che c’era solo un luogo di preghiera, fuori della porta della città, a cielo aperto; non c’era dunque una sinagoga in cui potessero andare. Paolo e i suoi compagni vanno al luogo di preghiera, perché possono contare sul fatto di incontrarvi gente pronta ad ascoltarli. Persone che aprono i cuori e non li chiudono. E Paolo incontra delle donne, che si erano lì riunite. Evidentemente, non è una comunità ebraica, cui devono appartenere almeno dieci uomini. Di essi non si parla. Sono solo donne ebree, quelle che si riuniscono fuori della città, per pregare Dio.
In tale contesto, guardiamo a una donna molto speciale. Si chiama Lidia. Non è ebrea, ma è originaria della città di Tiatiri, nell’antica Lidia, territorio interno dell’Asia Minore, attuale Turchia. È evidentemente agiata, come indica il fatto che la sua professione sia quella di mercante di porpora. Forse era una donna conosciuta e influente, a Filippi, come sembrano suggerire la sua professione e anche il fatto che venga messa in rilievo.
Questa Lidia, mercante di porpora di Filippi, è una donna stupefacente. È una che “temeva Dio”, come viene definita. Vuol dire che non è ebrea, ma, ciò nonostante, partecipa alle riunioni di preghiera delle donne ebree. È alla ricerca di ciò che può dare pienezza alla sua vita e orientamento nelle questioni che la occupano. Il Dio che professano le donne ebree la attira. E si lascia perfino coinvolgere dalla predicazione dei missionari stranieri. Si fa battezzare e invita gli stranieri a casa sua. Diventa l’ospite dei missionari cristiani. Più in là, nella sua casa si riunisce addirittura la comunità cristiana di Filippi. Negli Atti questo viene registrato; ma non ci sono ulteriori testimonianze su di lei. Lidia fa parte delle persone che, per mezzo della fede cristiana, hanno potuto mettere piede in luoghi nuovi. È la prima testimone del messaggio cristiano in terra europea.
Lidia si fa trascinare dalla predicazione di Paolo. Dio le aveva aperto il cuore al messaggio cristiano: così dice il nostro testo. Ma questo vuol dire anche che Lidia non si chiude alla Parola di Dio. Si immette su una via nuova; confida che la fede, annunciata da Paolo, rinnovi la sua vita. Fa ciò cui ci invita la Lettera agli Ebrei: non chiudete i vostri cuori, quando ascoltate la voce di Dio.
Lidia, la prima cristiana di Filippi e d’Europa, diventa anche la prima ospite di Paolo e dei suoi accompagnatori. Apre la sua casa agli uomini venuti da terra straniera. Ciò è stupefacente tanto quanto il fatto che gli uomini ebrei vadano in casa di una donna non ebrea. Il Vangelo, e questo racconto rende tale aspetto ben chiaro, supera i confini e lo fa in modo rapido e spettacolare. Ciò che, in precedenza, aveva diviso: essere ebrei e non-ebrei, donne e uomini, persone di differenti ceti sociali, confluisce nella comunione dei credenti. Nell’antichità, era molto insolito che ciò accadesse, poiché tali ambiti erano rigidamente divisi gli uni dagli altri. Gli ebri non vivevano insieme con i non-ebrei; gli uomini e le donne avevano ruoli sociali chiaramente distinti e così pure era per i liberi e gli schiavi. La fede cristiana, invece, ha creato comunioni aperte a tutte queste persone. Ciò, già allora, era insolito e ha creato di continuo difficoltà alla Chiesa. Lo sappiamo, forse, nel modo migliore per le molte discussioni su quali ministeri e funzioni le donne possano ricoprire nella Chiesa. Nella Chiesa cattolica romana, se ne discute intensamente proprio in questo periodo. L’assemblea generale dei sinodi episcopali, tenutasi qui a Roma nell‘ottobre dell’anno scorso, lo rende chiaro. Il documento finale dell’assemblea stabilisce quanto segue: “Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo.” Il fatto che l’attuazione resti indietro è evidente. Ma anche nella Chiesa evangelica è stato lungo il processo per arrivare a far sì che le donne potessero ricoprire ruoli di guida al pari degli uomini. Siamo tutti chiamati a rendere concreto e visibile il superamento dei confini, fondato sul Vangelo.
Lidia è una testimone importante. Fa parte delle donne che, all’inizio del cristianesimo, hanno avuto un ruolo importante. Spesso, queste donne vengono nominate nel Nuovo Testamento come accompagnatrici di Gesù, apostole o donne che hanno ruoli di responsabilità nelle comunità. Le donne furono, fin dall’inizio, irrinunciabili per le comunità cristiane. La nostra comunità, la comunità evangelica luterana qui a Roma, ne è un esempio eccellente. Basta solo che guardiamo alle tante funzioni, al grande sostegno, all’impegno infaticabile che le donne prestano qui nella comunità. La storia di Lidia, narrata dal nostro testo, perciò non per ultimo è un’occasione benvenuta per ricordarcene e per ringraziare per questo.
Lidia fu una delle prime donne note delle prime comunità cristiane. Aprendosi al messaggio del Vangelo; aprendo la sua casa a Paolo e ai suoi compagni, è diventata esempio di come le persone pervengano alla fede cristiana. Ciò la rende, anche oggi, testimone importante della nascita del cristianesimo.
Amen.