CENTENARIO DELLA CHRISTUSKIRCHE, CHIESA DEL CRISTO DI ROMA
CULTO SOLENNE, 26 GIUGNO 2022
Predica: Romani 1, 8-12
Präses Dr. h. c. Annette Kurschus,
Presidente del Consiglio dell’EKD, Chiesa Evangelica di Germania
I
Come devo indirizzarmi a Voi, onorevole assemblea? Cara Comunità? È una formula bella e familiare, ma, in effetti, troppo “normale“ per la giornata di oggi. Ci vuole qualcosa di più elevato, di più degno, di un po’ più solenne, per questo giorno speciale di compleanno della chiessa nel cuore di Roma.
Voglio cominciare in modo biblico: “sola Scriptura“! Come esprimersi altrimenti, in una comunità luterana? Comincio con il primo saluto assoluto che sia stato tramandato, rivolto alla comunità di Gesù Cristo a Roma:
8 Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo. 9 Dio, che servo nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che faccio continuamente menzione di voi 10 chiedendo sempre nelle mie preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca a venire da voi. 11 Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; 12 o meglio, perché quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io.
In effetti, nella mia preghiera ho chiesto intensamente di arrivare da voi: ci sono volute oltre 30 ore, insieme con i miei due compagni di viaggio dell’Agenzia dell’EKD di Hannover.
Ma non è solo questo il motivo per cui prendo a prestito oggi, ben volentieri, le parole scritte da Paolo. Ho avuto effettivamente desiderio di vedervi, di celebrare con voi e di avvertitre come, in tempi sconvolti e pericolosi, veniamo consolati insieme dalla fede che condividiamo. Ed è stata una consolazione speciale il modo in cui, dopo un viaggio turbolento, ricco di ostacoli, siamo stati accolti qui premurosamente, ieri sera. Grazie a Dio e a voi.
Ora, io non sono Paolo. Per il quale, il viaggio nel cuore dell’impero romano costituiva, alla lettera, un pericolo mortale. La sua visita a Roma, come è noto, significò per lui subire il martirio e la morte. Su quella che si pensa essere la sua tomba, oggi si erge l’imponente basilica, a lui dedicata, di S. Paolo Fuori le Mura.
In confronto alla storia di questa basilia o di quella di S. Pietro, i cento anni della vostra Christuskirche sembrano un periodo molto breve. Oppure no: perché quando comincia questa storia? Non c’è un punto zero assoluto della Storia, che possiamo stabilire e a partire dal quale possiamo contare gli anni. Questa casa di Dio evangelica si trova nel grande fiume della storia bimillenaria dei cristiani in questa città, che è detta Eterna. I cento anni che festeggiamo oggi sono calcolati a partire dalla data di consacrazione della chiesa, nel 1922.
II
Questa data non corrispondeva all’inizio; aveva già una storia. E una storia piena di contenuto.
La chiesa fu progettata quanto, in Germania e in Italia, regnavano ancora l’imperatore e il re, con consapevolezza del ruolo e sfarzo. Erano i tempi dell’elmo col chiodo e dei baffi a tortiglione; monarchia e protestantesimo, tronfie, apparivano fatti dati. Alcuni addirittura vagheggiavano una “chiesa di Lutero” alle porte del Vaticano.
Questa chiesa fu consacrata dopo la I Guerra Mondiale, da una comunità tedesca notevolmente ridotta nel numero, resa incerta dagli eventi e che cercava di orientarsi di nuovo, procedendo per tentativi.
La casa di Dio evangelica non fu consacrata col nome di chiesa di Lutero, ma come Christuskirche, Chiesa di Cristo.
“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”: non è un caso che, in questo versetto, scelto come versetto guida del culto solenne del 5 novembre 1922, si esprimesse l’anelito alla costanza: chi non lo capirebbe, in questa estate del 2022? Uno solo è destinato a restare, quando tutti vanno via. Uno solo, che ha parole che valgono anche quando tutte le altre parole sono messe in discussione. Uno solo che tiene in mano il mondo anche quando il mondo noto è tramontato. Uno solo, il cui regno viene, quando i regni del potere passano e, con essi, i dominatori che li governavano. Uno solo, che dice: “Non temere” e “la pace sia con te”.
III
A quet’anelito alla costanza, la vostra Christuskirche ha sempre di nuovo offerto un tetto accogliente e un profondo adempimento. Era stata pensata come edificio di rappresentanza ed è divenuta spazio per attingere nuove forze. Ad innumerevoli persone, ha offerto protezione accogliente in momenti di profonda angoscia e ha dato una casa.
Il Pastore Jonas mi ha raccontato un episodio, a questo proposito. Nell’autuno del 2018, alla porta di casa sua comparve una coppia di americani. Che gli dettero una vecchia cartolina. Il padre della signora, Lawrence F. Fritz, l’aveva spedita da Roma nel giugno del 1944, diretta negli USA. La cartolina mostra una foto della Christuskirche, definita “Chiesa evangelica tedesca di Roma”. Il giovane sergente Lawrence F. Fritz racconta ai genitori di un culto luterano con S. Cena, celebrato per i soldati americani al fronte. Scrive: “La Christuskirche era piena zeppa di soldati, che hanno cantato con vigore e letizia.” La liberazione di Roma dagli occupanti nazisti era avvenuta solo pochi giorni prima, il 4 giugno 1944. Il Pastore del tempo, titolare della Christuskirche, Erich Dahlgrün, era rimasto nei locali della comunità, dopo il ritiro dei suoi membri tedeschi, nell’ottobre del 1943. Non è dato sapere se abbia aperto la chiesa agli americani di sua sponte o se abbia ricevuto un ordine dall’autorità militare. Ma sappiamo che questa chiesa, in quei giorni, rese onore al proprio nome, per i luterani americani. Fu una Chiesa del Cristo, dove Lawrence F. Fritz e i suoi commilitoni, vincitori e al tempo stesso malati di nostalgia di casa e segnati dalla guerra, ricevettero ciò che Paolo intende con le parole: doni spirituali per fortificarli, per essere confortati a vicenda mediante la fede comune. Dove, quindi, incontrano Cristo.
“È stato un culto davvero di quelli che piacciono a Dio, un culto pieno di gratitudine per il Signore”, scrive ai genitori il giovane sergente, nel 1944. E la sua gioia di allora continua ad avere effetto in sua figlia che, col marito, 74 anni dopo, torna in questa chiesa.
IV
Chi entri in questa chiesa, orientando lo sguardo in alto, sul portale, vede Pietro e Paolo e, in mezzo a loro, Cristo. Pietro e Paolo furono entrambi torturati e giustiziati qui a Roma, a causa della loro fede in Cristo. In vita, litigarono in modo appassionato sulla loro fede; ci volle molto tempo perché riuscissero ad accordarsi; ma sempre con qualche brontolio in sottofondo. Pietro e Paolo non furono, per usare un eufemismo, grandi amici. E proprio questi due galli da combattimento, entrambi patroni della città di Roma, fiancheggiano la grande statua di Cristo, che si trova al centro.
Da una parte c’è Pietro. Fino ad oggi, la Chiesa cattolica romana fa riferimento alla sua vigorosa proclamazione di fede in Cristo e alla promessa che gli fa Cristo: “Tu sei la pietra e su questa pietra edifico la mia chiesa.”
Dall’altra parte c’è Paolo. In lui, Martin Lutero fece la scoperta rivoluzionaria e liberatoria: la giustizia di Dio non giudica, ma rimette in piedi. Dio non calcola i peccati, ma attribuisce la grazia.
E in mezzo a loro, c’è Cristo.
Il clou è che, per quanto i due apostoli siano stati lontani tra loro quando erano in vita; per quanto sipossa considerarli concorrenti e, a tratti, perfino avversari, nessuno dei due è più vicino a Cristo dell’altro. Invece, vengono da direzioni diverse da lui, e così s’incontrano.
V
L’incontro di Pietro e Paolo ha preso un’incarnazione nuova quando, nel 1983, Papa Giovanni Paolo II venne in visita qui alla Christuskirche e vi predicò. Fu la prima volta assoluta di un Papa in visita a una chiesa evangelica. Nel frattempo, ci sono stati di questi incontri petro-paolini anche con Benedetto XVI e con Francesco. Che è stato qui il 15 novembre 2015; in quell’occasione, avvenne un episodio piccolo, degno di riflessione: una cristiana evangelica gli domandò se, dopo 30 anni di matrimonio con un cattolico, si potesse finalmene ricevere la comunione insieme. Francesco le rispose: “Un Battesimo, un Signore, una fede. Parlate col Signore e andate avanti. Non oso dire di più.”
In questo modo, Francesco ha posto la questione della comunione di S. Cena nell’ampio orizzonte in cui Cristo ci unisce. Che cosa significa che crediamo insieme in Cristo? Quali conseguenze ha questo, sotto ogni aspetto? Parliamo con Cristo! Dovremmo dirgli anche cose coraggiose. Dovremmo domandargli anche cose grandi.
Interpreto le parole di Francesco nel senso che noi dobbiamo continuare a parlare; che noi dobbiamo continuare a camminare, se lui,come Papa, non può osare spingersi oltre.
Il punto è che “ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune”. Non ci si gira attorno, a tale questione profondissimamente ecumenica, qui a Roma. Per la comunità della Christuskirche, questo è un obiettivo di quelli che stanno a cuore, che si ripropongono nella vita quotidiana. Perché molti di voi hanno coniugi cattolici, hanno amici e colleghi cattolici che, spesso, poco ne sanno di ciò che significhi essere evangelici. Allora si deve parlare insieme, si deve procedere per tentativi, con coraggio.
VI
Di ciò che fu avviato da Martin Lutero, nel 1517, con l’affissione delle Tesi, si può parlare in modi molto diversi.
Noi evangelici raccontiamo volentieri la storia della riscoperta del Vangelo come storia di libertà e punto di partenza della Chiesa. I fratelli e le sorelle cattolici ci hanno ricordato espressamente, e io gliene sono grata!, durante i preparativi dell’Anno della Riforma 2017, che la storia della Riforma può essere raccontata anche con altri accenti e tonalità: come storia di perdita, come storia di prepotenza e contrasto, come storia di separazione e divisione.
Ci sono voluti secoli, per far sì che i cristiani evangelici e cattolici, uomini e donne, possero cominciare, in modo cauto e molto graduale, a raccontare la storia della Riforma come storia comune. Nel farlo, si è scoperto che ciò che ci è stato donato non si può avere senza perdite e ferite. Per converso, le perdite e ferite che abbiamo ricevuto gli uni dagli altri e che ci siamo inflitte a vicenda, diventano il germe promettente delle nuove vie comuni. Ricordo il culto suggestivo “Healing of Memories” a Hildesheim, in cui, al termine, potemmo osare, di parlare, con cuore sincero, della benedizione della Riforma. E di una benedizione che è stata impartita ad entrambe le parti.
VII
La scena raffigurata in alto, sul portale di questa chiesa ci mette davanti agli occhi una verità profonda: nessuno di noi ritenga se stesso il centro! Il centro è Cristo. Paolo e Pietro sono al suo fianco, da una parte e dall’altra. E se si considerano reciprocamente così, nella loro individuale vicinanza a Cristo, allora si spera che intuiscano questo: quanto potremmo essere forti, se ci fortificassimo con vicendevole rispetto, rafforzando i punti di forza dell’altro e cercando di imparare insieme e gli uni dagli altri?
Quanto potremmo essere forti e quanto dovremmo esserci insieme per il mondo sofferente? Che cosa significano i credenti, che mettono Cristo al loro centro, per una società laica? Che cosa possiamo operare, nelle società piagate d’Europa, dove divisione e polarizzazione aumentano sempre di più, che si lograno e frantumano tra fantasie complottiste e voglia di guerra e messaggi d’odio e che disprezzano il compromesso? Quanto apportatori di benedizione sono per quelli che non fanno più parte di questa società e che vengono da essa estromessi? Il mondo ha bisogno di donne e di uomini che, contro ogni assenza di speranza, credano al Vangelo di Uno che ama, che è lo stesso ieri, oggi e in eterno!
VIII
Torniamo a Paolo. Non rivolge formule di saluto così strutturato e cerimonioso a tutte le comunità. Il saggio erudito ebreo Jakob Taubes osserva: “Questa è l’unica lettera di Paolo ad una comunità non fondata da lui. E lui ci sarebbe rimasto male se un altro apostolo si fosse infiltrato, con una lettera, in una delle sue comunità … Perciò si mette in gran montura come un bellimbusto e scrive in modo enormemente diplomatico. Perché cammina sul ghiaccio … Aveva la capacità di capire dove si trovava il potere e dove andasse stabilito un contropotere.”
Molto, quasi tutto, oggi, è diverso, rispetto agli inizi della comunità cristiana a Roma. La gran montura mia e dei miei compagni di viaggio si trovano nelle valigie che si sono perse e che speriamo di ritrovare. Io non cammino sul ghiaccio, benché quasi mi farebbe piacere, soffrendo l’afa di qui. Ma una cosa è la stessa ieri e oggi: voi, cara Comunità, fate parte degli amati da Dio, fate parte dei santi chiamati a Roma. “Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; o meglio, perché quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune”. E insieme confidiamo in un contropotere che si oppone a paura e violenza: il potere della fede, della speranza e dell’amore.
Amen.
CENTENARIO DELLA CHRISTUSKIRCHE, CHIESA DEL CRISTO DI ROMA
CULTO SOLENNE, 26 GIUGNO 2022
Predica: Romani 1, 8-12
Präses Dr. h. c. Annette Kurschus,
Presidente del Consiglio dell’EKD, Chiesa Evangelica di Germania
I
Come devo indirizzarmi a Voi, onorevole assemblea? Cara Comunità? È una formula bella e familiare, ma, in effetti, troppo “normale“ per la giornata di oggi. Ci vuole qualcosa di più elevato, di più degno, di un po’ più solenne, per questo giorno speciale di compleanno della chiessa nel cuore di Roma.
Voglio cominciare in modo biblico: “sola Scriptura“! Come esprimersi altrimenti, in una comunità luterana? Comincio con il primo saluto assoluto che sia stato tramandato, rivolto alla comunità di Gesù Cristo a Roma:
8 Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo. 9 Dio, che servo nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che faccio continuamente menzione di voi 10 chiedendo sempre nelle mie preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca a venire da voi. 11 Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; 12 o meglio, perché quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io.
In effetti, nella mia preghiera ho chiesto intensamente di arrivare da voi: ci sono volute oltre 30 ore, insieme con i miei due compagni di viaggio dell’Agenzia dell’EKD di Hannover.
Ma non è solo questo il motivo per cui prendo a prestito oggi, ben volentieri, le parole scritte da Paolo. Ho avuto effettivamente desiderio di vedervi, di celebrare con voi e di avvertitre come, in tempi sconvolti e pericolosi, veniamo consolati insieme dalla fede che condividiamo. Ed è stata una consolazione speciale il modo in cui, dopo un viaggio turbolento, ricco di ostacoli, siamo stati accolti qui premurosamente, ieri sera. Grazie a Dio e a voi.
Ora, io non sono Paolo. Per il quale, il viaggio nel cuore dell’impero romano costituiva, alla lettera, un pericolo mortale. La sua visita a Roma, come è noto, significò per lui subire il martirio e la morte. Su quella che si pensa essere la sua tomba, oggi si erge l’imponente basilica, a lui dedicata, di S. Paolo Fuori le Mura.
In confronto alla storia di questa basilia o di quella di S. Pietro, i cento anni della vostra Christuskirche sembrano un periodo molto breve. Oppure no: perché quando comincia questa storia? Non c’è un punto zero assoluto della Storia, che possiamo stabilire e a partire dal quale possiamo contare gli anni. Questa casa di Dio evangelica si trova nel grande fiume della storia bimillenaria dei cristiani in questa città, che è detta Eterna. I cento anni che festeggiamo oggi sono calcolati a partire dalla data di consacrazione della chiesa, nel 1922.
II
Questa data non corrispondeva all’inizio; aveva già una storia. E una storia piena di contenuto.
La chiesa fu progettata quanto, in Germania e in Italia, regnavano ancora l’imperatore e il re, con consapevolezza del ruolo e sfarzo. Erano i tempi dell’elmo col chiodo e dei baffi a tortiglione; monarchia e protestantesimo, tronfie, apparivano fatti dati. Alcuni addirittura vagheggiavano una “chiesa di Lutero” alle porte del Vaticano.
Questa chiesa fu consacrata dopo la I Guerra Mondiale, da una comunità tedesca notevolmente ridotta nel numero, resa incerta dagli eventi e che cercava di orientarsi di nuovo, procedendo per tentativi.
La casa di Dio evangelica non fu consacrata col nome di chiesa di Lutero, ma come Christuskirche, Chiesa di Cristo.
“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”: non è un caso che, in questo versetto, scelto come versetto guida del culto solenne del 5 novembre 1922, si esprimesse l’anelito alla costanza: chi non lo capirebbe, in questa estate del 2022? Uno solo è destinato a restare, quando tutti vanno via. Uno solo, che ha parole che valgono anche quando tutte le altre parole sono messe in discussione. Uno solo che tiene in mano il mondo anche quando il mondo noto è tramontato. Uno solo, il cui regno viene, quando i regni del potere passano e, con essi, i dominatori che li governavano. Uno solo, che dice: “Non temere” e “la pace sia con te”.
III
A quet’anelito alla costanza, la vostra Christuskirche ha sempre di nuovo offerto un tetto accogliente e un profondo adempimento. Era stata pensata come edificio di rappresentanza ed è divenuta spazio per attingere nuove forze. Ad innumerevoli persone, ha offerto protezione accogliente in momenti di profonda angoscia e ha dato una casa.
Il Pastore Jonas mi ha raccontato un episodio, a questo proposito. Nell’autuno del 2018, alla porta di casa sua comparve una coppia di americani. Che gli dettero una vecchia cartolina. Il padre della signora, Lawrence F. Fritz, l’aveva spedita da Roma nel giugno del 1944, diretta negli USA. La cartolina mostra una foto della Christuskirche, definita “Chiesa evangelica tedesca di Roma”. Il giovane sergente Lawrence F. Fritz racconta ai genitori di un culto luterano con S. Cena, celebrato per i soldati americani al fronte. Scrive: “La Christuskirche era piena zeppa di soldati, che hanno cantato con vigore e letizia.” La liberazione di Roma dagli occupanti nazisti era avvenuta solo pochi giorni prima, il 4 giugno 1944. Il Pastore del tempo, titolare della Christuskirche, Erich Dahlgrün, era rimasto nei locali della comunità, dopo il ritiro dei suoi membri tedeschi, nell’ottobre del 1943. Non è dato sapere se abbia aperto la chiesa agli americani di sua sponte o se abbia ricevuto un ordine dall’autorità militare. Ma sappiamo che questa chiesa, in quei giorni, rese onore al proprio nome, per i luterani americani. Fu una Chiesa del Cristo, dove Lawrence F. Fritz e i suoi commilitoni, vincitori e al tempo stesso malati di nostalgia di casa e segnati dalla guerra, ricevettero ciò che Paolo intende con le parole: doni spirituali per fortificarli, per essere confortati a vicenda mediante la fede comune. Dove, quindi, incontrano Cristo.
“È stato un culto davvero di quelli che piacciono a Dio, un culto pieno di gratitudine per il Signore”, scrive ai genitori il giovane sergente, nel 1944. E la sua gioia di allora continua ad avere effetto in sua figlia che, col marito, 74 anni dopo, torna in questa chiesa.
IV
Chi entri in questa chiesa, orientando lo sguardo in alto, sul portale, vede Pietro e Paolo e, in mezzo a loro, Cristo. Pietro e Paolo furono entrambi torturati e giustiziati qui a Roma, a causa della loro fede in Cristo. In vita, litigarono in modo appassionato sulla loro fede; ci volle molto tempo perché riuscissero ad accordarsi; ma sempre con qualche brontolio in sottofondo. Pietro e Paolo non furono, per usare un eufemismo, grandi amici. E proprio questi due galli da combattimento, entrambi patroni della città di Roma, fiancheggiano la grande statua di Cristo, che si trova al centro.
Da una parte c’è Pietro. Fino ad oggi, la Chiesa cattolica romana fa riferimento alla sua vigorosa proclamazione di fede in Cristo e alla promessa che gli fa Cristo: “Tu sei la pietra e su questa pietra edifico la mia chiesa.”
Dall’altra parte c’è Paolo. In lui, Martin Lutero fece la scoperta rivoluzionaria e liberatoria: la giustizia di Dio non giudica, ma rimette in piedi. Dio non calcola i peccati, ma attribuisce la grazia.
E in mezzo a loro, c’è Cristo.
Il clou è che, per quanto i due apostoli siano stati lontani tra loro quando erano in vita; per quanto sipossa considerarli concorrenti e, a tratti, perfino avversari, nessuno dei due è più vicino a Cristo dell’altro. Invece, vengono da direzioni diverse da lui, e così s’incontrano.
V
L’incontro di Pietro e Paolo ha preso un’incarnazione nuova quando, nel 1983, Papa Giovanni Paolo II venne in visita qui alla Christuskirche e vi predicò. Fu la prima volta assoluta di un Papa in visita a una chiesa evangelica. Nel frattempo, ci sono stati di questi incontri petro-paolini anche con Benedetto XVI e con Francesco. Che è stato qui il 15 novembre 2015; in quell’occasione, avvenne un episodio piccolo, degno di riflessione: una cristiana evangelica gli domandò se, dopo 30 anni di matrimonio con un cattolico, si potesse finalmene ricevere la comunione insieme. Francesco le rispose: “Un Battesimo, un Signore, una fede. Parlate col Signore e andate avanti. Non oso dire di più.”
In questo modo, Francesco ha posto la questione della comunione di S. Cena nell’ampio orizzonte in cui Cristo ci unisce. Che cosa significa che crediamo insieme in Cristo? Quali conseguenze ha questo, sotto ogni aspetto? Parliamo con Cristo! Dovremmo dirgli anche cose coraggiose. Dovremmo domandargli anche cose grandi.
Interpreto le parole di Francesco nel senso che noi dobbiamo continuare a parlare; che noi dobbiamo continuare a camminare, se lui,come Papa, non può osare spingersi oltre.
Il punto è che “ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune”. Non ci si gira attorno, a tale questione profondissimamente ecumenica, qui a Roma. Per la comunità della Christuskirche, questo è un obiettivo di quelli che stanno a cuore, che si ripropongono nella vita quotidiana. Perché molti di voi hanno coniugi cattolici, hanno amici e colleghi cattolici che, spesso, poco ne sanno di ciò che significhi essere evangelici. Allora si deve parlare insieme, si deve procedere per tentativi, con coraggio.
VI
Di ciò che fu avviato da Martin Lutero, nel 1517, con l’affissione delle Tesi, si può parlare in modi molto diversi.
Noi evangelici raccontiamo volentieri la storia della riscoperta del Vangelo come storia di libertà e punto di partenza della Chiesa. I fratelli e le sorelle cattolici ci hanno ricordato espressamente, e io gliene sono grata!, durante i preparativi dell’Anno della Riforma 2017, che la storia della Riforma può essere raccontata anche con altri accenti e tonalità: come storia di perdita, come storia di prepotenza e contrasto, come storia di separazione e divisione.
Ci sono voluti secoli, per far sì che i cristiani evangelici e cattolici, uomini e donne, possero cominciare, in modo cauto e molto graduale, a raccontare la storia della Riforma come storia comune. Nel farlo, si è scoperto che ciò che ci è stato donato non si può avere senza perdite e ferite. Per converso, le perdite e ferite che abbiamo ricevuto gli uni dagli altri e che ci siamo inflitte a vicenda, diventano il germe promettente delle nuove vie comuni. Ricordo il culto suggestivo “Healing of Memories” a Hildesheim, in cui, al termine, potemmo osare, di parlare, con cuore sincero, della benedizione della Riforma. E di una benedizione che è stata impartita ad entrambe le parti.
VII
La scena raffigurata in alto, sul portale di questa chiesa ci mette davanti agli occhi una verità profonda: nessuno di noi ritenga se stesso il centro! Il centro è Cristo. Paolo e Pietro sono al suo fianco, da una parte e dall’altra. E se si considerano reciprocamente così, nella loro individuale vicinanza a Cristo, allora si spera che intuiscano questo: quanto potremmo essere forti, se ci fortificassimo con vicendevole rispetto, rafforzando i punti di forza dell’altro e cercando di imparare insieme e gli uni dagli altri?
Quanto potremmo essere forti e quanto dovremmo esserci insieme per il mondo sofferente? Che cosa significano i credenti, che mettono Cristo al loro centro, per una società laica? Che cosa possiamo operare, nelle società piagate d’Europa, dove divisione e polarizzazione aumentano sempre di più, che si lograno e frantumano tra fantasie complottiste e voglia di guerra e messaggi d’odio e che disprezzano il compromesso? Quanto apportatori di benedizione sono per quelli che non fanno più parte di questa società e che vengono da essa estromessi? Il mondo ha bisogno di donne e di uomini che, contro ogni assenza di speranza, credano al Vangelo di Uno che ama, che è lo stesso ieri, oggi e in eterno!
VIII
Torniamo a Paolo. Non rivolge formule di saluto così strutturato e cerimonioso a tutte le comunità. Il saggio erudito ebreo Jakob Taubes osserva: “Questa è l’unica lettera di Paolo ad una comunità non fondata da lui. E lui ci sarebbe rimasto male se un altro apostolo si fosse infiltrato, con una lettera, in una delle sue comunità … Perciò si mette in gran montura come un bellimbusto e scrive in modo enormemente diplomatico. Perché cammina sul ghiaccio … Aveva la capacità di capire dove si trovava il potere e dove andasse stabilito un contropotere.”
Molto, quasi tutto, oggi, è diverso, rispetto agli inizi della comunità cristiana a Roma. La gran montura mia e dei miei compagni di viaggio si trovano nelle valigie che si sono perse e che speriamo di ritrovare. Io non cammino sul ghiaccio, benché quasi mi farebbe piacere, soffrendo l’afa di qui. Ma una cosa è la stessa ieri e oggi: voi, cara Comunità, fate parte degli amati da Dio, fate parte dei santi chiamati a Roma. “Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; o meglio, perché quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune”. E insieme confidiamo in un contropotere che si oppone a paura e violenza: il potere della fede, della speranza e dell’amore.
Amen.