Giosuè 2, 1-21

Cara Comunità,

la predica di oggi ci presenta un episodio un po’ lontano da noi. In primo luogo, avviene tanto, tanto tempo fa, in un’epoca in cui il popolo d’Israele aveva lasciato l’Egitto e si era messo in cammino verso la Terra Promessa. Il Mar Rosso era stato attraversato, la manna celeste era stata mangiata, la danza attorno al Vitello d’Oro era stata ballata, i Comandamenti sul Sinai erano stati ricevuti e Mosè, il servo fedele di Dio, era già morto.

Suo successore è Giosuè. Che ha il compito di condurre Israele, facendolo arrivare nella Terra Promessa.

Ma che cosa significa “condurre”?

La Terra Promessa non era per niente vuota, in attesa dell’arrivo di nuovi abitanti. La terra di Canaan era già abitata da diversi popoli e abitanti di città. Israele dovette combattere contro di loro e conquistare la Terra Promessa. Non fu un regalo caduto dal cielo. E quindi leggiamo di battaglie aspre e crudeli, in cui Israele si fece strada città dopo città, re dopo re.

I racconti particolareggiati di queste battaglie, oggi, non ci sono lontani solo per la loro antichità, ma anche per la loro descrizione, piuttosto cruda, della guerra.

Conoscerete certo l’episodio della conquista dell’antica città di Gerico, le cui mura caddero al suono delle trombe d’Israele (Gios 6).

Ma prima che Gerico fosse conquistata, Giosuè inviò in quella città delle spie. Questi due uomini non furono abili, tanto che il re di Gerico li scoprì subito. Li avrebbe agguantati, se una donna non avesse loro salvato la vita. Questa donna è l’unica persona di cui, nell’episodio, viene fatto il nome: si chiama Raab. Gestiva una struttura ambigua lungo la strada di Gerico. Oggi la chiameremmo bordello. E proprio lì finiscono le due spie d’Israele. Raab è la vera eroina della storia, perché salva la vita dei due stranieri, non senza farsi garantire da loro di venir risparmiata dopo l’avvenuta conquista della città.

Ascoltiamo ora la versione originale del racconto, tratto dal II capitolo di Giosuè. Attenzione all’arte narrativa ebraica e al sottile umorismo di quest’episodio; ci sarebbe da ridere, se la situazione non fosse così seria.

 

1 Or Giosuè, figlio di Nun, mandò segretamente da Sittim due spie e disse loro: «Andate, esaminate il paese e Gerico». Quelle andarono ed entrarono in casa di una prostituta di nome Raab, e vi alloggiarono. 2 Ciò fu riferito al re di Gerico, e gli fu detto: «Ecco, alcuni uomini dei figli d’Israele sono venuti qui per esplorare il paese». 3 Allora il re di Gerico mandò a dire a Raab: «Fa’ uscire quegli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua; perché sono venuti a esplorare tutto il paese». 4 Ma la donna prese quei due uomini, li nascose e disse: «È vero, quegli uomini sono venuti in casa mia, ma io non sapevo di dove fossero; 5 e quando si stava per chiudere la porta della città all’imbrunire, quegli uomini sono usciti; dove siano andati non so; rincorreteli senza perdere tempo, e li raggiungerete». 6 Lei invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti sotto gli steli di lino che vi aveva ammucchiato. 7 E la gente li rincorse per la via che porta ai guadi del Giordano; e, dopo che i loro inseguitori furono usciti, la porta della città fu chiusa.
8 Prima che le spie si addormentassero, Raab salì da loro sulla terrazza, 9 e disse a quegli uomini: «Io so che il SIGNORE vi ha dato il paese, che il terrore del vostro nome ci ha invasi e che tutti gli abitanti del paese hanno perso coraggio davanti a voi. 10 Poiché noi abbiamo udito come il SIGNORE asciugò le acque del mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall’Egitto, e quel che faceste ai due re degli Amorei, di là dal Giordano, Sicon e Og, che votaste allo sterminio. 11 Appena lo abbiamo udito, il nostro cuore è venuto meno e non è più rimasto coraggio in alcuno per causa vostra; poiché il SIGNORE, il vostro Dio, è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra. 12 Vi prego dunque, giuratemi per il SIGNORE, poiché vi ho trattati con bontà, che anche voi tratterete con bontà la casa di mio padre; e datemi un segno sicuro 13 che salverete la vita a mio padre, a mia madre, ai miei fratelli, alle mie sorelle e a tutto quel che appartiene a loro, e che ci preserverete dalla morte».
14 Quegli uomini risposero: «Siamo pronti a dare la nostra vita per voi, se non divulgate questo nostro affare; e quando il SIGNORE ci avrà dato il paese, noi ti tratteremo con bontà e lealtà».
15 Allora lei li calò giù dalla finestra con una fune; infatti la sua casa era addossata alle mura della città, e lei stava di casa sulle mura. 16 E disse loro: «Andate verso il monte, affinché non v’incontrino i vostri inseguitori, e rimanetevi nascosti per tre giorni fino al ritorno di coloro che v’inseguono; poi andrete per la vostra strada». 17 E quegli uomini le dissero: «Noi saremo sciolti dal giuramento che ci hai fatto fare, se tu non osservi quello che stiamo per dirti: 18 quando entreremo nel paese, attaccherai alla finestra per la quale ci fai scendere, questa cordicella di filo rosso; radunerai presso di te, in casa, tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre. 19 Se qualcuno di questi uscirà in strada dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sul suo capo, e noi non ne avremo colpa; ma il sangue di chiunque sarà con te in casa ricadrà sul nostro capo, se uno gli metterà le mani addosso. 20 Se tu divulghi questo nostro affare, saremo sciolti dal giuramento che ci hai fatto fare». 21 E lei disse: «Sia come dite!» Poi li congedò, e quelli se ne andarono. E lei attaccò la cordicella rossa alla finestra.

 

Cara Comunità,

questo racconto ci è lontano per la sua antichità, per il suo contesto che glorifica la violenza ed anche per la sua discutibilità sul piano morale. L’eroina è una prostituta, una persona astuta che mente senza batter ciglio; che si assicura abilmente il futuro, tradendo il proprio popolo. Di fronte a lei ci sono due spie israelitiche, la cui prima tappa, esplorando Gerico, è una casa di piacere, il che la dice lunga sull’autodisciplina di questi due signori del creato. Entrambi sono così incapaci da riuscire a lasciare illesi Gerico solo grazie all’astuzia e alla prudenza della donna straniera. Tutto questo potrebbe essere materia di un film di serie B o di un romanzo con forte componente erotica, non certo materia che ci si aspetta di ritrovare nella Sacra Scrittura o qui sul pulpito!

La Chiesa, per la maggior parte della gente, è un’istituzione morale. Qui si curano i valori e si custodisce il decoro. Qui s’incontrano persone che tengono in ordine le loro vite e che evitano i peccati.

Se c’è qualcosa che le persone ancora si aspettano dalla Chiesa, è la morale. Se lo Stato ha ancora un qualche interesse per l’opera della Chiesa, è il suo effetto positivo sulle persone e il loro comportamento.

“Una chiesa impedisce più reati di 100 poliziotti”, dicevano i re di Prussia, “quindi meglio assumere un pastore che 100 poliziotti. È anche meno costoso.”

 

Proprio il protestantesimo tedesco, in Prussia e oltre, sembra aver equiparato, nei secoli, fede evangelica e morale borghese. La fede, si sente dire dai protestanti ancora oggi, si esprime essendo un bravo cittadino.

“Caro Pastore, io non bevo e non rubo. Sono sempre stato una brava persona. E allora sono stato anche un buon cristiano!”. Non so più dire quante volte ho sentito queste parole, pronunciate da persone anziane.

 

È la moralità a fare il protestantesimo. E qui le virtù prussiane si sono mescolate, inavvertite, agli ideali biblici. Puntualità e diligenza, onestà e coraggio, eroismo e autodisciplina. Non voglio nemmeno sapere in quante prediche questi valori sono stati invocati.

E anche oggi sentiamo la Chiesa evangelica parlare, in prevalenza, di regole di comportamento: come dovremmo orientare i consumi; quanto dovremmo andare veloci in autostrada; come parlare. Sembra che alla Chiesa evangelica riesca più facile parlare di morale che del Dio vivente.

Non voglio mettere in dubbio questi valori morali. Né quelli vecchi, e oggi spesso irrisi, prussiani, e nemmeno quelli attuali sul rapporto col creato, sul rapporto con gli altri esseri umani e una comunicazione rispettosa.

 

Ma se applichiamo solo questa scala valoriale e se guardiamo solo alla morale, allora il nostro testo biblico di oggi si mette del tutto di traverso.

Perché nella Bibbia si trova un racconto così immorale?

E perché dev’essere oggetto proprio della predica dal pulpito?

 

Questa è la provocazione che ci sfida, oggi. Questo è lo stimolo che deve farci capire che fede e morale non coincidono. Questo deve renderci insicuri, se pensiamo, come “brave persone”, di avere già abbastanza da fare col buon Dio.

 

Se Raab, donna, straniera, per giunta prostituta, appare essere l’eroina, allora qui si mostra, ancora una volta, la forza della Bibbia, che infrange e ha sempre infranto la morale, i cliché e le norme sociali.

Il più piccolo diventa re; il più debole vince; la vergine è incinta; il Crocifisso risorge.

 

La fede della Bibbia non è una semplice conferma, una cementificazione di norme sociali, ma è la loro messa in dubbio permanente.

E quindi la definizione di Marx riguardo all’”oppio dei popoli” è sbagliata.

La fede biblica non estromette i poveri, ma costruisce la Storia con loro. Non relega le donne dietro i fornelli, ma ne fa delle eroine, proprio quando a fallire sono gli uomini, quelli che si suppongono forti. Scaraventa già dal trono i potenti e manda via a mani vuote i ricchi. Non mette la prostituta fuori delle mura della città, ma ne fa un’eroina.ueQuesta

 

 

Chi si aspetta dalla fede solo che assicuri le norme borghesi, la sottovaluta molto.

Chi equipara fede e morale, disconosce il messaggio così come la scoperta di Martin Lutero.

La fede non è morale, ma è la scoperta che Dio è all’opera con me, compagno immorale, fallace e oltremodo dubbio, e che ha in mente qualcosa di buono.

La storia di Raab non dice in nessun passo che la prostituzione sia cosa buona. Ma fa capire che Dio ha qualcosa in mente per questa persona dubbia.

Con la visione delle cose di oggi, probabilmente, ciò che ci disturba di più di Raab sono la sua attività, la sua menzogna frutto di calcolo, con cui passa opportunisticamente dalla parte di futuri vincitori. Onestà e fedeltà hanno tutt’altro aspetto.

Ma vista dalla prospettiva dell’antico Israele, il punto è la sua ascendenza. È pagana. Esclusa dalle promesse fatte a Israele. Lo scandalo risiede nel fatto che Dio volga al bene il destino d’Israele proprio mediante questa donna; così come accade, inoltre, anche con l’eroina Rut o con la donna cananea guarita da Gesù.

Sembra che non siano decoro e morale a contraddistinguerci davanti a Dio e nemmeno l’ascendenza o il sesso.

 

Ma allora che cos’è?

È la fede. La fede nella sua pura forma: la fede come l’afferrare fiduciosi la salvezza:

la donna cananea conosce la malattia della figlia e punta tutto sulla carta Gesù, gridando senza remore: “Signore, Figlio di David, abbi pietà di me”.

Il ladrone in croce, nell’ora della morte, riconosce la propria condizione e invoca Gesù, accanto a lui: “Ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”.

La prostituta Raab riconosce la propria condizione e crede nel Dio d’Israele, delle cui grandi opere ha sentito parlare: “il SIGNORE, il vostro Dio, è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra.”

È l’afferrare la salvezza che ha successo, qui.

È la fede a contraddistinguere la nostra vita davanti a Dio.

È la fede a conferire dignità alla nostra vita, talvolta davvero dubbia.

È la fede a condurre alla meta le nostre vie, talvolta molto tortuose.

E pertanto la nostra Chiesa dovrebbe essere sempre un’istituzione di fede e non un’istituzione morale.

Non un luogo in cui a darsi la mano sono i perfetti e i puri, ma luogo in cui i peccatori si radunano e si lasciano trasformare.

Il Dio d’Israele scrive la sua storia con i falliti e i disprezzati.

Gesù si circondava di peccatori e pubblicani.

E noi vogliamo essere, al tempo stesso, comunità di perfetti oppure Chiesa che dice al mondo come vivere nel modo giusto?

Qui ci vuole più umiltà. E qui ci si attende molta misericordia, anche per noi, che, spesso, non siamo gli eroi delle nostre autobiografie morali.

Raab viene salvata. Il ladrone sulla croce giunge in paradiso. La donna cananea viene aiutata.

Non così, semplicemente; ma perché hanno riconosciuto la loro condizione e si sono rivolti all’indirizzo giusto: Gesù.

Questa è la fede. Per loro e per noi.

Questo è ciò che deve contraddistinguere una Chiesa. E l’effetto morale arriverà da sé.

Magari in modo molto più convincente, perché onesto.

Amen.

XVII Domenica dopo Trinitatis – Pastore Dr. Jonas